IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 18272/1994 R.g.p.m. e n. 3273/1996 R.g.g.i.p. 1. - In esito al procedimento instaurato ai sensi degli artt. 6 e sgg. della legge cost. 16 gennaio 1989 n. 1 il Collegio per i reati ministeriali presso il tribunale di Roma, composto anche da questo g.i.p., dispose l'archiviazione nei confronti di Ronchey Alberto ed altri, tra i quali Pulcini Antonio, in ordine ai reati di peculato e falso ideologico. Con lo stesso provvedimento venne ordinata la separazione della posizione del Pulcini in ordine al reato di cui agli artt.48, 61 n. 2, 81, 476, 482, 485 c.p. e l'invio dei relativi atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ai sensi dell'art. 2, primo comma, udienza preliminare, della legge 5 giugno 1989, n. 219. In data 18 gennaio 1995 il p.m. ha chiesto l'emissione del decreto che dispone il giudizio; il processo, dopo la trattazione dell'udienza preliminare da parte di altro giudice e l'annullamento da parte del tribunale del decreto che dispone il giudizio, e' stato assegnato al sottoscritto, che ha presentato dichiarazione di astensione ai sensi degli artt. 34, terzo comma e 36, terzo comma c.p.p. al presidente del tribunale. Quest'ultimo, con decreto del 17 maggio 1996, ha rigettato la richiesta di astensione sul presupposto dell'assenza, tra le ipotesi di incompatibilita' elencate all'art. 34 c.p.p, da ritenersi tassative, di quella ritenuta nel caso in esame. E' stata quindi fissata l'udienza preliminare per la data odierna. 2. - Questo giudice, attualmente investito della funzione di g.u.p. in ordine alla decisione circa il rinvio a giudizio di Pulcini Antonio, ha dunque fatto parte in precedenza e nella trattazione dello stesso procedimento del Collegio per i reati ministeriali: certamente il reato attualmente ascritto al Pulcini e' emerso nel corso del procedimento innanzi al Collegio ed in proposito quest'ultimo ha svolto atti istruttori, acquisendo documentazione e contestando in particolare lo specifico episodio all'imputato ed al commercialista Schivardi. Detti atti costituiscono fonti di prova nell'attuale processo. E poiche', secondo la lettera del secondo comma dell'art. 1 della legge 219/1989, "...il Collegio procede alle indagini.... con i poteri che spettano al pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari...." e' evidente che, nell'ambito dell'attivita' collegiale, anche sottoscritto ha svolto funzioni inquirenti. Queste appaiono incompatibili, ai sensi dell'art. 34, terzo comma, c.p.p., con quelle giudicanti, proprie del g.u.p. 3. - La formula della norma da ultimo richiamata tende a ricomprendere tra i casi di incompatibilita' con l'ufficio del giudice tutti quelli in cui di fatto siano state svolte, attraverso l'esercizio dei relativi poteri, funzioni di p.m. cosi' da assicurare l'assoluta separazione tra funzioni requirenti e giudicanti. Nella figura del Collegio in questione invece tali funzioni coesistono, ed anzi sembrano preminenti quelle di p.m. Si vedano, a testimonianza dell'ambiguita' indicata, le sentenze della Cassazione, sez. prima penale, 16 gennaio 1995, Prandini, in Cassazione Penale, Giuffre, 1996, pag. 1193, n. 676 circa l'attribuzione in via normale al Collegio dei poteri che spettano al p.m. ed in via eccezionale di quelli propri del g.i.p.; 4 marzo 1994, Prandini, ibidem 1994, pag. 2717, n. 1691 circa svolgimento, nella sola fase successiva all'autorizzazione a procedere, delle funzioni di g.i.; 9 giugno 1993, Cacopardi, ibidem, 1994, pag. 2722, n. 1692, relativa all'equiparabilita' delle funzioni collegiali a quelle del solo p.m. E' infine indubbio che i poteri in concreto svolti, al di la' del nomen iuris o della struttura (collegiale o monocratica), caratterizzino la funzione (compito) e quindi la natura dell'organo. 4. - Se e' vero che la norma di cui all'art. 34 comma terzo c.p.p. enuncia un principio generale, va pure osservato che esso non appare di immediata estensione al caso di specie. E cio' non solo e non tanto per l'argomento letterale, costituito dall'assenza della figura del Collegio per i reati ministeriali da quelle incompatibili con l'ufficio di giudice; quanto soprattutto in virtu' delle peculiari caratteristiche del procedimento innanzi al Collegio de quo, costituente indubbiamente, in particolare con riferimento alla incerta natura dell'organo deputato a svolgere l'intera fase delle indagini, un unicum nel nostro ordinamento. Cosi' che, da parte dell'interprete, appare necessario il ricorso alla massima cautela ed al continuo vaglio critico nell'applicazione ai singoli atti di quel procedimento, e per contro nell'ambito del normale processo - ove siano da considerare effetti riflessi della creazione di un organo tanto peculiare -, di istituti e regole nati in contesti e con finalita' diversi, proprio per evitare il rischio di generalizzazioni ovvero di eccessive restrizioni di disciplina. E d'altro canto e' indubbio che la normativa sulle cause di incompatibilita' vada estesa al caso di specie, trattandosi di salvaguardare il principio di imparzialita' e terzieta' del giudice. Sotto questo profilo l'omessa previsione tra i casi di incompatibilita' di quello in questione viola gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, 25, primo comma, 101, secondo comma, della Costituzione, creando ingiustificate disparita' di trattamento tra fattispecie sostanzialmente analoghe, cosi da inficiare il rispetto delle regole sul giudice naturale, sul diritto di difesa, sulla presunzione di innocenza e sull'indipendenza (di giudizio) del giudice. 5. - La questione e' certamente rilevante per superare la fase di stallo processuale venutasi a creare a seguito della decisione del presidente del tribunale sopra indicata. Ed e' opportuno che codesta Corte si pronunci non solo per risolvere il conflitto (improprio) ma altresi per chiarire, anche se al limitato fine dell'incompatibilita', in via definitiva i poteri e la natura del Collegio per i reati ministeriali.